Cinque domande a Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte.
Giuseppe Salvatore Grosso Ciponte è un esperto di analisi sensoriale. Inizia il suo percorso nell’AIS diventando degustatore ufficiale, successivamente relatore birra e ricoprendo per quattro anni il ruolo di responsabile regionale in Calabria di Mondo Birra. Segue poi corsi di degustazione con Fermento Birra prima e con UnionBirrai dopo, diventando anche per quest’ultima associazione relatore. Gestisce da qualche anno il blog DODIMALTO.IT dove si parla di beer & food con una particolare attenzione all’abbinamento. Homebrewer da anni, oggi è fra i soci fondatori e birraio di MALTONAUTA.
Partiamo dal principio. Cosa si intende per birra artigianale?
Dal 2016 esiste in Italia una definizione legale che dà delle precise indicazioni su quando una birra possa essere dichiarata artigianale:
– la birra non deve essere pastorizzata o microfiltrata,
– il birrificio deve essere indipendente, vale a dire non controllato da altri birrifici,
– il birrificio non deve produrre più di 200.000 ettolitri annui.
Quanto conta questa definizione e cosa significa?
Molto. I birrifici devono avere un’identità ben precisa e questa legge dovrebbe arginare l’ingerenza nel mondo craft dei birrifici industriali. Da un punto di vista qualitativo, non dà nessuna garanzia e deve essere chiaro che bere birra artigianale non vuol dire bere sempre buona birra. Questo lo dico perché mi capita a volte di sentire qualcuno affermare “No, la birra artigianale non mi piace, l’ho assaggiata una volta e non era per niente buona”. Come in tutti i settori, la qualità la fanno i singoli produttori, non una definizione. Trovo, invece, corretto dire che sempre più spesso si bevono buone birre in giro. Il consiglio è, di non fermarsi alla prima esperienza. A volte capita semplicemente di bere una birra che non era nelle proprie corde.
Qual è il giusto approccio?
Assaggiare birre diverse e inserirle nel proprio bagaglio di esperienze. Gli stili di birra sono tantissimi e lo spettro organolettico vastissimo: si va da birre dolci a birre amare, da birre sapide a birre acide. Bisogna crearsi una bussola che guidi le proprie scelte. Quello che dico sempre è che tutti possono trovare la propria birra preferita, è impossibile che non esista. Poi è fondamentale trovare il posto giusto: locali dove la birra artigianale è, oltre che venduta, trattata bene. È in questi posti che si possono trovare gestori competenti che possono aiutarci a bere secondo i nostri gusti.
In cosa si differenzia la birra artigianale?
È l’esperienza sensoriale che ci guadagna: avere il piacere di mettere il naso nel bicchiere e iniziare l’esperienza già con l’olfatto. Basti pensare a birre con forte caratterizzazione dei lieviti oppure con un notevole contributo dei luppoli. E poi il sapore, quello sì che fa la differenza. Capita spesso di incontrare persone che hanno frequentato i miei corsi e di sentirmi dire scherzosamente “Mi hai rovinato!!!!Ora non posso fare più a meno di bere artigianale”. Questo è il mondo craft: un viaggio senza ritorno.
Hai qualche consiglio da dare a chi si avvicina a questo mondo?
Il primo consiglio è quello di abbandonare alcune convinzioni comuni. La prima su tutte che la birra fa gonfiare. Questo è un effetto collaterale di una cattiva bevuta. La birra va sempre versata nel bicchiere e nel modo corretto. La CO2 serve, per la maggior parte, a produrre schiuma. Si pensi a quanta anidride carbonica si ingerisce inutilmente bevendo dalla bottiglia! Altra cosa da capire è che non si può parlare di doppio malto per indicare uno stile o un tipo di birra. Chiedere una doppio malto in un locale equivale a non chiedere nulla. Una doppio malto è solo una birra con una gradazione alcolica maggiore di 3.5. Quindi il gestore potrebbe servire tranquillamente una birra chiara, dai profumi delicati, con un corpo leggero, oppure una birra scura dai profumi molto complessi e un bel corpo. Un altro consiglio che mi sento di dare è di essere sempre curiosi e alla ricerca della vostra birra, quella che meglio vi rappresenta.
Enjoy yourself.